Archeologia rupestre

Se potessi esprimerlo con delle parole, non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo

Edward Hopper

Libia Ankbritt MelletCiad, KarnashaiArte Rupestre: una finestra sul nostro passato.

Pressoché ovunque nel Sahara ci si imbatte in pitture e incisioni su pietra, verticali o orizzontali, più o meno grandi, collocate sotto ripari naturali, su massi isolati o sui bordi rocciosi dei letti di fiume, come veri e propri “musei” a cielo aperto inseriti in uno degli ambienti naturali tra i più belli al mondo. È la cosiddetta archeologia rupestre o arte rupestre o arte parietale: una moltitudine di immagini eseguite dai nostri antenati che ci affascinano raccontandoci di come essi vedevano e rappresentavano il loro mondo, in un susseguirsi di importanti cambiamenti climatici e ambientali durato migliaia di anni. Circa 12.000 anni fa, tra la fine del Pleistocene e l’inizio dell’Olocene a cavallo del tropico del cancro, quando il clima era di tipo umido di savana, in quell’area geografica che oggi è il Sahara vivevano delle popolazioni sconosciute, sparse in tutto il territorio dall’Atlantico al Mar Rosso. Gruppi ristretti di “cacciatori-raccoglitori”, probabilmente nomadi o seminomadi, che si spostavano all’interno di territori vivendo con la caccia di animali e con la raccolta di grani selvatici. Questi popoli hanno lasciato delle tracce materiali della loro esistenza, come utensili in pietra spesso finemente lavorati (asce, punte di freccia, di lancia, raschiatoi per lavorare le pelli, coltelli), resti di abitazioni, piccole e grandi sepolture monumentali e delle immagini, dipinte o incise sulla pietra, dal significato a volte misterioso. Ma chi erano questi popoli, perché hanno lasciato tali immagini e soprattutto perché a un certo momento della sua evoluzione, l’uomo ha cominciato a disegnare, dipingere o graffire? Siamo di fronte a un grande e importante passo della sua evoluzione culturale: per la prima volta l’uomo comincia a fissare delle immagini su pietra. Possiamo immaginare che come un bambino inizia a disegnare – ma anche come Pablo Picasso in piena maturità artistica – l’uomo preistorico disegnasse non quello che vedeva, ma quello che gli attraversava la mente. Raffigurava delle metafore legate al mondo reale, quindi all’ambiente in cui viveva, agli animali con i quali doveva convivere e che rappresentavano per lui un pericolo o del cibo, alla vita e alla morte e legate all’immaginario. Probabilmente il fatto di produrre immagini fisse aveva un importante significato religioso, sacro, magico, propiziatorio.

Ciad, Niola DoaAlgeria, Tassili Ajjer-SefarLe raffigurazioni rupestri costituiscono le pagine di un meraviglioso libro sulla vita dell’uomo di allora, contenenti informazioni sia pratiche che spirituali, capaci di stimolare differenti interpretazioni sul come viveva e come vedeva il mondo l’uomo preistorico. Attraverso di esse, si può ripercorrere la sua evoluzione all’interno di un ambiente che lo ha fatto cambiare e ricambiare, dovendosi adattare continuamente alle volontà di un clima non facile e in continuo mutamento.

D’altra parte, è la nostra storia….